Il legislatore della riforma ha posto termine alla querelle interpretativa relativa alla forma per la delega per la partecipazione alla assemblea richiedendo espressamente che il rappresentante sia munito di delega scritta, ragion per cui non è ammissibile il conferimento del potere rappresentativo in forma orale o equipollente.
Ne consegue che non si potrà conteggiare, né ai fini della verifica del quorum costitutivo, né ai fini della verifica del quorum deliberativo, il rappresentante di un condomino che fondi il suo potere rappresentativo su una delega asseritamente data in forma orale.
Parimenti non si potrà conteggiare, ai predetti fini, nemmeno il rappresentante di un condomino, che, pur affermando di essere portatore di una delega scritta, richiesto di giustificare i suoi poteri ex art. 1393 c.c., non sia in grado di esibire la delega scritta.
Prima della riforma, si riteneva, correttamente, che, però, se colui che affermava di essere rappresentante di un condomino veniva ammesso a partecipare all’assemblea senza una preventiva verifica dei suoi poteri ex art. 1393 c.c., non erano ammissibili successive contestazioni da parte degli altri condomini in merito al difetto di prova di tali poteri.
Il principio, continua a poter trovare applicazione anche ora limitatamente all’ipotesi in cui costui affermi di essere portatore di una delega scritta.
Stante l’intervenuta modifica legislativa, sarà sempre consentito agli altri condomini sollevare contestazioni in ordine alla validità della delibera adducendo la mancanza della forma scritta prescritta dalla legge, che è cosa diversa dall’addurre la mancata giustificazione dei propri poteri rappresentativi.
Spetta al presidente dell’assemblea il compito, ancor prima di dare avvio alla trattazione degli argomenti, di accertare la valida costituzione dell’assemblea e quindi anche la regolarità delle deleghe. L’eventuale partecipazione di un soggetto estraneo o privo di valida delega non si riflette comunque sulla validità della costituzione dell’assemblea e delle decisioni assunte, salvo che la partecipazione e il voto espresso da costui abbia influito sulle maggioranze richieste oppure sullo svolgimento della discussione e, di conseguenza, sull’esito della votazione. Le delibere, a questo punto, vengono sottoposte alla cosiddetta “prova di resistenza”, vale a dire all’accertamento se, quand’anche tolto il voto irregolarmente espresso dal falso delegato, avrebbero raggiunto le maggioranze volute dalla legge per essere legittimamente assunte.
L’amministratore non può essere delegato dai condomini a partecipare a nessuna assemblea: questo è quanto previsto dal nuovo quarto comma della novella in esame.
Già si è detto della più volte manifestata volontà del Legislatore della riforma di vedere con più favore la personale partecipazione del condomino all’assemblea del proprio condominio. Con il precetto in esame ancor più esprime tale non tanto velata preferenza, soprattutto per evitare che 1 ‘amministratore diventi il mezzo abitudinario per molti condomini per astenersi dal partecipare in concreto alla vita del proprio condominio, appunto conferendogli la delega a partecipare alle varie assemblee.
Si è posto spesso il problema della validità o meno della delega conferita all’amministratore. La realtà condominiale registra spesso la presenza di situazioni di conflitto d’interesse che rendono a volte difficile il bilanciamento tra gli interessi individuali e quelli della collettività condominiale unitariamente considerata. Simile problematica assume particolare rilievo proprio in relazione alla nomina dell’amministratore.
Le decisioni dei giudici su tale tematica, pur nella varietà dei casi, hanno espresso comunque una esigenza comune, quella cioè di evitare che un soggetto portatore di un interesse proprio e diverso da quello del condominio possa agire o partecipare a una decisione assunta invece nell’interesse della collettività condominiale. La verifica del conflitto di interessi va condotta in concreto e con valutazione a posteriori al fine di verificare se nella realtà l’interesse estraneo dell’amministratore sia stato effettivamente anteposto a quello generale. Tale ormai consolidato principio (Cass. 10 agosto 2009, n. 18192) porta a escludere la rilevanza di una valutazione solo generica e astratta del potenziale conflitto.