La fava (Vicia faba) è una pianta erbacea annuale con fiori bianchi, dai quali si sviluppano lunghi baccelli rivestiti internamente da un sottile strato spugnoso, dentro cui sono contenuti i semi, le fave appunto, di colore verde o violaceo a seconda della specie.
Appartenenti alla famiglia delle leguminose, di cui risultano esserne peraltro le primogenite, le prime tra queste ad essere introdotte nell’alimentazione umana, venivano coltivate già nel 3000 a.C. in tutta l’area del Mediterraneo, probabilmente originarie proprio dell’Africa settentrionale. La primavera è il periodo di raccolta delle fave fresche, dette “novelle”, con un picco di qualità nel mese di maggio, per lasciare poi il posto, nei restanti mesi dell’anno, alle fave secche, o essiccate, generalmente più grandi, da tenere in ammollo e cuocere. Per secoli le fave hanno sfamato le classi più disagiate della popolazione: “la carne dei poveri” le chiamavano proprio per l’alto contenuto nutritivo e per il consistente apporto calorico da cotte (notevole lo stacco calorico dal legume fresco), per cui, a fronte di una spesa modesta, costituivano certamente il pasto più completo e allo stesso tempo accessibile ai componenti delle famiglie proletarie. “Pizzicare” o “mozzicare” le fave, ovvero privarle della scorza con il coltello o con una pietra, costituiva fino a pochi anni fa un vero rito sociale soprattutto nel Meridione d’Italia, dove tutte le donne passavano ore sedute davanti agli usci di casa a chiacchierare lavorando le fave in grembo, pronte poi per essere cotte nella pignata e battute con la cucchiara di legno dall’uomo di casa. Così presenti nella vita popolare da essere prontamente investite nell’immaginario comune di un forte alone simbolico, le fave erano per lo più legate al mondo ultraterreno: secondo gli antichi contenevano le anime dei morti, per questo erano immancabili nei riti di commemorazione dei defunti, tanto che già i Romani usavano spargerle sulle tombe per dar pace ai morti ed offrirle nei conviti funebri come rito scaramantico. Si narra che Pitagora, in fuga dagli scherani di Cilone (Crotone), pur di non attraversare un campo di fave scelse di fermarsi e farsi uccidere; leggenda o verità che sia, certo è che le fave rappresentavano realmente un veto per gli allievi della scuola pitagorica, probabilmente per le antiche credenze che le volevano impure, perché legate al mondo dei morti o più concretamente, come recenti studi medici hanno accertato, perchè la sindrome del favismo (grave patologia emolitica provocata dal contatto con questi legumi) cominciava a manifestarsi proprio in area crotonese, sede della scuola del maestro. Molto diffuse e consumate in Italia, sono Presìdi Slow Food la Fava di Carpino in Puglia e la Fava di Leonforte in Sicilia.
Indice
L’ACQUISTO
Al momento dell’acquisto delle fave fresche è bene verificare che il baccello delle stesse sia turgido e di colore vivace, senza macchie scure sulla superficie. Per evitare spiacevoli sorprese nelle dosi è bene tener presente lo scarto molto alto alla pulitura del prodotto, circa il il 70% del peso. Per quanto riguarda i legumi secchi, basterà accertarsi dell’integrità dei semi.
VALORE NUTRITIVO E CONSUMO
“La carne dei poveri” dicevamo, proprio perché le fave sono invero tra i legumi più nutrienti: contengono proteine, sali minerali, vitamine A e C, fibre e antiossidanti in gran quantità. Le fave inoltre contribuiscono a regolare i livelli di colosterolo e glucosio nel sangue, contrastando così colesterolo e glicemia alta. L’apporto calorico per le fave fresche è pari a sole 37 calorie per 100 grammi, mentre con le fave secche si sale a ben 342 calorie per 100 grammi. Esistono soggetti affetti da una patologia ereditaria detta “favismo”, i quali, a causa dell’assenza nel loro patrimonio genetico di un enzima capace di neutralizzare sostanze tossiche contenute in questi legumi, possono incorrere in gravi crisi emolitiche al solo contatto con gli stessi.
CONSERVAZIONE E USO
Le fave sono un legume tipico della primavera e dell’estate e possono essere conservate in modo diverso a seconda dell’utilizzo che se ne vuole fare.
Se si vogliono consumare le fave fresche, è importante conservarle in frigorifero per evitare che perdano la loro freschezza e il loro sapore. Prima di metterle in frigorifero, è bene lavarle accuratamente con acqua corrente e togliere le parti scure o danneggiate. Dopodiché, asciugatele bene e mettetele in un sacchetto di plastica forato o in un contenitore ermetico e conservatele in frigorifero per circa 3-4 giorni.
Se invece si vuole conservare le fave per un periodo più lungo, ad esempio per utilizzarle durante l’inverno, è possibile congelarle. Dopo averle sgranate e lavate, è necessario sbollentarle per circa 2-3 minuti, scolarle e raffreddarle velocemente in acqua e ghiaccio per fermare la cottura. Una volta raffreddate, potete metterle in sacchetti per alimenti adatti alla congelazione, evitando di creare strati troppo spessi. Le fave possono essere conservate in freezer per circa 6 mesi.
Un’altra opzione per conservare le fave è quella di essiccarle. Per fare ciò, è necessario toglierle dal baccello, sbollentarle per circa 2 minuti e poi passarle in acqua fredda per fermare la cottura. Successivamente, asciugatele bene e mettetele in un luogo asciutto e ventilato per circa una settimana. Una volta essiccate, potete conservarle in contenitori di vetro ermetici al riparo dalla luce e dall’umidità per diversi mesi.
Le fave secche vanno conservate in confezioni integre, al riparo da fonti di calore e umidità; quelle fresche resistono in frigo per tre giorni al massimo, meglio se non private della scorza. L’alternativa, se si desidera pulirle subito, è congelarle dopo averle sbollentate per qualche minuto. Le fave secche, se acquistate con la buccia, vanno messe in ammollo in acqua tiepida per circa 18 ore, se già sgusciate invece basteranno 8 ore in acqua fredda. Cotte poi in acqua bollente, diventano purè da consumare secondo tradizione con cicorie, pane, olio di oliva e soffritto di cipolla per un pasto completo; oppure possono essere ingrediente di minestre strutturate o gustoso contorno, ad esempio, per il baccalà. L’utilizzo delle fave novelle è invece da sempre associato al pecorino, soprattutto nella tradizione romana, ma anche al pane, alla pancetta e ad altri salumi.
Pasta con fave e guanciale
Ingredienti per 4 persone
350 g di pasta a piacere
400 g di fave novelle
150 g di guanciale
Mezzo bicchiere di vino bianco
pecorino
cipolla
olio extravergine di oliva
Sgusciare le fave, avendo cura di eliminare la pellicina che ricopre il seme; tagliare a dadini il guanciale e farlo rosolare con un goccio di olio e la cipolla, sfumando poi con il vino bianco. Unire al guanciale le fave e un mestolo di acqua, regolare di sale e portare a cottura. Fare cuocere intanto la pasta, quindi unirla al condimento; rigirare, condire con il pecorino grattugiato e servire.